Olympos: Artemide, la Dea della Caccia

Artemide statuaStudio Tablinum: questa è la Dea più austera e proba dell’Olimpo, oggi giorno potremmo definirla una “single convinta”, non era una Dea che legava molto con il sesso maschile.

La Madre degli Dei Hera l’additava di essere troppo incline ad una natura  mascolina e rozza; ma in verità a parlare era solo la gelosia, dopo l’ennesima scappatella del marito Zeus, questa volta con Latona,  con la quale generò, oltre ad Artemide, anche il Dio Apollo, che abbiamo trattato il mese scorso.

Si narra che Artemide, nata primigenia, aiutò la madre Latona a partorire il fratello divino. Artemide, seduta sulle ginocchia del padre divino, chiese di avere un arco come il fratello Apollo e di avere una schiera di Ninfe e Oceanine che accudissero i suoi cani, quando lei non era a caccia, e che si prendessero cura della sua persona. Zeus da padre generoso concesse ad Artemide quanto richiesto, concedendole inoltre di rimanere vergine per sempre.

oceanineCelebre per la propria austerità, Artemide fu eletta patrona delle iniziazioni femminili, alla quale tutte le fanciulle facevano appello. Adorata in tutta la Grecia, i suoi luoghi di culto si trovavano in quasi tutte le città, soprattutto la nativa Delo e la guerresca Sparta. I suoi simboli sacri erano il cervo ed il cipresso.

Micidiale con la sua muta di cani, che tenevano testa ai leoni; un regalo del Dio Pan. Scorrazzava fra i boschi in cerca di animali da trafiggere con il suo temibile arco, dono questo dei Ciclopi. Il suo corpo atletico e snello con la sua corta tunica da cacciatrice poteva apparire terribilmente sensuale e fu quello che accadde.

atteoneUn giorno, fra i boschi che circondavano Tebe, Artemide si prese un bagno in una delle sorgenti che sgorgavano fresche dal monte Citerone. Trovandosi nei paraggi, per sua disgrazia, il principe tebano Atteone, non poté non contemplare quella bellezza statuaria. Ma nessuno poteva guardare impunemente il corpo di una Dea, e Artemide, accortasi dello sguardo lascivo di Atteone, getto sul viso del malcapitato dell’acqua e immediatamente Atteone si trasformò in un cervo. A quel punto i cani di Artemide, sentito l’odore della bestia nei paraggi, accorsero e ridussero il povero malcapitato in brandelli. Solo quando vide la morte atroce del principe, Artemide placò la propria ira.

caccia calidoniaIn quest’altra vicenda, Artemide mandò un cinghiale di enormi dimensioni contro la città di Calidone*, poiché il suo re Oineo era venuto meno alle offerte rituali dovute alla Dea della Caccia. Questo cinghiale devastò i campi coltivati, Oineo, esasperato, cercò di liberarsi dell’animale, organizzando una battuta di caccia* alla quale parteciparono su invito del re, diversi eroi presenti in Grecia; vediamo la presenza dei gemelli divini Castore e Polluce, di Admeto e Linceo, degli Argonauti Laerte e Giasone e della giovane cacciatrice Atalanta. Con simili cacciatori la fiera non ebbe scampo.

Anche Artemide, come le altre divinità dell’Olimpo, prese parte alla guerra di Troia, parteggiando, come il fratello Apollo, per i troiani. Quando però ebbe a vedere che il fratello abbandonava i suoi protetti per rifugiarsi sull’Olimpo, prese ad insultarlo e lo esortò a ritornare a combattere al fianco dei troiani, Apollo non si degnò nemmeno di risponderle e se ne andò. In quel momento la Madre degli Dei, stanca di questa giovane Dea così baldanzosa, le si piazzò davanti e, con velocità fulminea, le sottrasse l’arco e stringendole i polsi prese a picchiarla sulle orecchie deridendola. Una volta che Hera termino questo trattamento lasciò andare Artemide che spaventata e addolorata si rifugio sull’Olimpo, sulle ginocchia del Padre degli Dei che provvide a consolarla.

artemideLa Dea della Caccia a suo agio nei boschi e meno sui campi di battaglia era anche una Dea vendicativa e in questo tratto era uguale al fratello divino. Contribui ad uccidere i dodici figli di Niobe, figlia del re Tantalo, che vantandosi della sua prole volle fare dei paragoni inopportuni con la madre di Artemide e Apollo, Latona.

Una fine analoga toccò anche al cacciatore Orione, che tento di insidiare la Dea della Caccia. Artemide a quel punto gli mando contro tutti gli animali feroci e selvatici, ma essendo Orione un abile cacciatore li uccise tutti. Artemide a quel punto giocò d’astuzia e mandò contro al Gigante uno scorpione, animale piccolo e velenoso, che punse a tradimento Orione uccidendolo *. Anche questa volta il suo voto di castità fu salvo.

callistoPoiché rispettava ligiamente il proprio voto di castità, Artemide voleva che anche le sue Ninfe e Oceanine facessero lo stesso. Ma questo non accadde a Callisto, la più bella delle Ninfe, che perse la verginità per mano di Zeus. Il Padre degli Dei si presentò alla Ninfa sotto mentite spoglie e quando si rivelò, era ormai troppo tardi per Callisto. Il frutto di questo rapporto violento con il Padre degli Dei non tardò ad arrivare e Callisto, durante uno dei bagni che le Ninfe si concedevano nelle sorgenti boschive, venne scoperta gravida da Artemide che si infuriò con la sua Ninfa e per punirla la trasformo in orsa, tramutando la sua bellezza in bestialità. A distanza di anni, per puro caso, il figlio della Ninfa, Arcade, durante una battuta di caccia rischiò, inconsapevolmente, di uccidere la madre tramutata in orsa. Ma in quel frangente intervenne Zeus che conscio delle sue responsabilità decise di trasformarli entrambi in costellazioni: l’Orsa Maggiore e L’Orsa Minore**.

taigeteNella vicenda di Taigete, una delle Pleiadi, Artemide cercò di intervenire per salvare la propria compagna di caccia, dalla morbosità del padre Zeus, trasformandola in un a cerva, ma il Padre degli Dei non si fece ingannare e riusci comunque a possederla. Da questa unione nacque il fondatore della città di Sparta: Lacedemone.

Grande aiuto diede al padre Zeus quando i due Giganti Oto ed Efialte decisero di assaltare l’Olimpo. Per poco i due Giganti non vi riuscirono, catturando da prima il Dio della Guerra Ares, che fu imprigionato in una vaso per tredici mesi, e poi mettendo in seria difficoltà tutti gli Olimpi. La giovane Artemide a quel punto si trasformò in una splendida cerva e si mise a correre fra i due Giganti che, per non farsela sfuggire, da provetti cacciatori quali erano, lanciarono le loro lance contemporaneamente finendo per trafiggersi l’un l’altro.

La Dea della Caccia aveva una sorta di doppia personalità, un lato benevolo con le fanciulle, che si iniziavano ai suoi riti sin dalla tenera età, e uno oscuro e notturno.

Artemide_EfesiaAd Efeso, città che venerava la Dea Artemide, sorgeva il suo santuario principale e il suo tempio era considerato una delle sette meraviglie del mondo antico, qui ci si rivolgeva alla Dea “buona”, l’Artemide degli efesini, come veniva definito il suo simulacro, di un colorito bruno e dal busto interamente coperto da mammelle. Mentre nella lontana Tauride, esisteva un santuario nel quale si pregava alla Dea “oscura”, e dove si compivano riti sinistri e orrendi. Si narrava che ad officiare questi riti fosse Ifigenia la figlia di Agamennone, re di Micene, costretta a servire la Dea in quelle terre barbare e inospitali a seguito del salvataggio della Dea in occasione del sacrificio intrapreso per ordine del suo stesso padre Agamennone, a seguito del vaticinio di Calcante, che dichiarò l’orrendo atto indispensabile per dare inizio alla guerra di Troia. La povera Ifigenia fu ritrovata fortunosamente e riportata a casa dal fratello Oreste, andato in Tauride per espiare la colpa del matricidio commesso per vendicare l’uccisione del padre Agamennone.

Questo suo lato oscuro e questa sua dimensione lunare, portarono la Dea Artemide ad essere associata alla Dea della Luna che con il suo cocchio portava in cielo la luna nuova.

Il prossimo mese conosceremo meglio il latore di ogni messaggio, buono o cattivo, proveniente dagli Dei, il Dio furbo e bugiardo Ermes.

* La caccia calidonia è un tipo di caccia ancora in auge in alcune nazioni balcaniche

**Per via di questo racconto mitico, quando si osserva il cielo notturno, si può notare che le stelle Pleiadi fuggono dalla costellazione di Orione mentre Orione fugge dalla costellazione dello Scorpione.

***Ancora oggi possiamo ammirare le due costellazioni nel cielo notturno e guardando le stelle dell’Orsa Maggiore potrete pensare alla Ninfa Callisto.

Alessandro Cerioli

“COLOURS AND…”

DSCN2196Studio Tablinum: the exhibition, which has been organised at Villa Carlotta from July the 17th to July the 31st of the British artist Roland Osita Nwankwo, was a sort of “work in progress”.

In fact in the first week he gave life to the works that have been shown during the next week in the Wunderkammer Saal; room recently opened on the mezzanine floor of the Villa.

Surely the location was of great help to the imagination of our painter: Villa Carlotta, in addition to being one of the most important museums of Lombardy, is famous for its lush botanical garden where you can see many species of plants and flowers.

How not to speak of Lake Como? It, too, in perfect union with the lush garden, is an inexhaustible source of chromatic emotions; a magical place that lulls and takes you away with its sway.

And surely even our artist has been shocked by its beauty. A unique and authentic beauty.

The colors of the paintings that he has produced in the first week prove that: has been able to portray with absolute mastery all the nuances of this locus amoenus.

Scale of colors follow each other in harmony and peace; at times some seem to stand out on others but they are never predominant. Everything is calibrated, without any particular tension and, moreover, could not be otherwise due to the location.

In addition, the style of painting of Osita follows his own personality: he was born in England but is of African origin and, in spite of the chaotic rhythms of the city, in the veins continues to flow the placid tranquility of the homeland.

That’s why we decided to name this show All the colors of an artist’ soul”: the common denominator between the artist and the landscape is color; treated in an exemplary manner by Osita but comes -authentically and naturally- from Nature through fantastic landscapes which people don’t consider as they should do.

Camilla Oliveri

Esplorando l’Italia. Il borgo e il castello di Fumone: “Cum Fumo fumat, tota campania tremat”

Studio Tablinum: che l’Italia possiede un immenso patrimonio culturale, lo sappiamo già. Ma ne siamo veramente consapevoli? Per poter davvero conoscere qualcosa, dobbiamo farne esperienza. Ovvero, andare e visitare quanti più luoghi possibili della penisola, anche quelli apparentemente meno conosciuti… una sorta di “decentramento” della cultura del territorio, al fine di diffondere la bellezza di cui troppo spesso si parla senza davvero apprezzarla.

                                        Fumone_01

A tal proposito, parliamo oggi di uno dei borghi più affascinanti del Lazio, Fumone. Le origini di questo comune italiano di circa 2000 abitanti della provincia di Frosinone risalirebbero ai tempi di Tarquinio il Superbo (V secolo a.C.), che vi si sarebbe rifugiato dopo essere stato cacciato da Roma.
Compreso fra Alatri, Anagni, Ferentino, il Castrum Fumonis assolve fin dall’antichità un’importante funzione di controllo del territorio. A partire infatti dall’assoggettamento alla Chiesa nell’XI secolo, il colle Fumone divenne fortezza militare dello Stato Pontificio e punto di avvistamento (sistema di Castellanie). Quando infatti si avvistavano i nemici, attraverso un sistema di segnali di fumo veniva segnalato il pericolo imminente alle località vicine più direttamente minacciate sino all’Urbe: da qui il detto «Quando Fumone fuma, tutta la Campagna trema».
Le fiamme venivano prodotte bruciando legno nella torre più alta del castello, l’Arx Fumonis, menzionata per la prima volta in un documento ufficiale del 962, il Privilegium Othonis. Inespugnabile, il castello, collocato al centro di una fortezza cinta da poderose mura e presidiata, all’epoca, da 14 torri di difesa, fu usato per oltre 500 anni come fortezza militare: né Federico Barbarossa né le armate sveve di Enrico VI riuscirono ad espugnarlo.
A tali funzioni militari si aggiunse poi anche quella di prigione dello Stato della Chiesa, per la quale divenne tristemente famoso. Qui vi furono imprigionati illustri personaggi: il prefetto Pietro Corsi nel 1116, l’antipapa avverso a Callisto II, Gregorio VIII (Maurizio Bordino) nel 1124, il cui corpo non venne mai ritrovato. Il più illustre prigioniero fu Pietro Angelerio da Morrone, più noto come papa Celestino V, che Dante pose nell’Inferno come “colui che fece per viltade il gran rifiuto”. Bonifacio VIII, temendo che la figura pia e autorevole di Celestino V potesse essere usata per provocare uno scisma, decise di arrestarlo e tenerlo sotto sorveglianza fino alla sua morte, che avvenne per mano di Roffredo Caetani il 19 maggio 1296. Si racconta che nel giorno della sua morte una grande croce dorata apparve sopra le mura della sua angusta prigione, una cella appositamente ricavata in un’intercapedine delle mura esterne. Saccheggiato nel 1504 dalle truppe francesi di Carlo I, il castello rimase per anni in stato di abbandono finché nel 1588 passò nelle mani dei marchesi Longhi, discendenti di Bonifacio VIII, che tuttora ne sono proprietari.

Entrando nel castello, si ha l’impressione di essere ritornati nel Medioevo: non solo per le strutture dell’edificio, perfettamente conservate, ma per l’atmosfera tetra e silenziosa, specialmente una volta che ci si trova di fronte alla piccolissima cella di Celestino V. Proseguendo nelle varie sale, il tempo scorre velocemente, fino ad arrivare ai lussuosi arredi dell’epoca della famiglia Longhi: la Sala degli Antenati, con statue romane, busti e un grande camino; quella degli Stemmi; la Sala Savoia; la Sala dell’Arazzo; Sala Colonna; quella di Raffaello; la Sacrestia, ricca di manoscritti, e la Cappella, custode di reliquie; infine il giardino pensile.

                                 Castello-di-Fumone
Parlando di castelli, non possono mancare le storie macabre come quella di monaci murati vivi, o del “Pozzo delle Vergini”, o quella del “Marchesino”.
In un cantuccio stretto e profondissimo a fianco di una scalinata troviamo il “Pozzo delle Vergini”, storicamente legato alla pratica dello Ius primae noctis. Sulla base di questo diritto, le donne appena sposate dovevano giacere, la loro prima notte di nozze, con il signore del posto e dovevano giungervi vergini, pena la morte o la tortura. A Fumone le povere disgraziate scoperte “impure” venivano gettate nel pozzo, sul cui fondo pare vi fossero lame affilate.
La storia più conosciuta e spaventosa del castello è quella del “Marchesino” Francesco Longhi, ultimo nato dopo sette sorelle; quale primo figlio maschio egli avrebbe avuto in eredità tutti i beni di famiglia, ma le sorelle, invidiose e per nulla intenzionate a perdere le proprie ricchezze, decisero la morte del piccolo. Lo uccisero giorno dopo giorno, senza lasciare tracce, mettendo quotidianamente nella sua scodella minuscoli pezzetti di vetro, che lo portarono alla morte all’età di cinque anni dopo una lenta e atroce agonia.
La madre, straziata dal dolore per la perdita del figlioletto, ordinò, disperata, che le sue spoglie fossero “imbalsamate” e poste in una teca di cristallo, così da poter eternare la sua memoria. Ancora oggi possiamo trovare questa teca con il Marchesino imbalsamato nella stanza dell’Archivio.
Una leggenda narra che Emilia Caetani Longhi, madre del piccolo Francesco, ogni notte si rechi a trovare il figlioletto, lo prenda in braccio ed inizi a dondolarlo tra nenie e lamenti.

                                     giardino pensile

L’inquietudine che si respira nelle sale del castello nell’ascoltare queste tetre vicende lascia spazio alla serenità una volta arrivati nel giardino pensile all’italiana, il più alto d’Europa, che si estende per ben 3.500 mq suddivisi in due livelli. In esso sono presenti molti alberi secolari, tra cui due che si sono uniti fino a divenire uno solo e detto per questo albero degli innamorati. Inoltre, nel giardino si trova la pietra sommitale degli 800 metri, il punto più alto di Fumone: pare che toccarla porti fortuna. Dopo questo gesto scaramantico, non dimentichiamo di dare poi un ultimo sguardo al paesaggio circostante, che va da Palestrina a Cassino: una vista sul mondo odierno dall’alto della rocca, dove il tempo sembra essere sospeso.

                                          castello-di-Fumone-Frosinone

Francesca Corsi

Seconda conferenza naturalistica di Attilio Selva

Studio Tablinum: durante la seconda parte, che potrete visionare su youtube, il naturalista Attilio Selva ha reso coinvolgente la serata con la proiezione di fotografie di alto interesse naturalistico; delucidandone tutti i singoli fotogrammi il pubblico è stato trasportato in un viaggio virtuale del triangolo lariano.

Conferenza naturalistica di Attilio Selva

Studio Tablinum: in questo video visionerete l’introduzione alla conferenza naturalistica di Attilio Selva, presso il Centro Culturale Biblioteca Bellagio. Il naturalista ha delucidato la natura del luogo, esattamente del triangolo lariano, esaltandone le particolarità. Ampio spazio è stato dato alle scoperte paleontologiche, con illustrazioni e riferimenti fotografici. Questa due giorni scientifica, organizzata da Studio Tablinum, vuole sensibilizzare le persone a favore del tema naturalistico e renderle consapevoli che un’ecosistema cosi fragile potrebbe essere compromesso, irrimediabilmente, dall’ incautela dell’uomo.