Tablinum: quando il Cristianesimo entrò a far parte della Storia all’interno dell’Impero romano, ci si immagina spesso una società divisa, caratterizzata da un conflitto più o meno aperto tra i pagani e i cristiani. In realtà, come per ogni processo storico, i mutamenti furono molto più lenti e complessi di quanto si possa pensare. A dimostrarlo chiaramente sono proprio le rappresentazioni artistiche, delle quali ci occuperemo nel corso di questo anno.
Questo mese tratteremo nello specifico un personaggio biblico dell’Antico Testamento, il profeta Giona, e il rapporto di continuità che si instaura con un personaggio della cultura pagana, Endimione. Chi erano, innanzitutto?
Giona, personaggio di dubbio fondamento storico, è un profeta ebreo, uno dei dodici Profeti Minori della Bibbia, e la sua storia è narrata proprio nel libro a lui dedicato. Fuggito a Tarsis disobbedendo all’ordine divino di andare a predicare a Ninive, Giona diviene causa della tempesta che mette in pericolo la nave dove si trovava con l’equipaggio e per questo viene gettato in mare. Il profeta trascorre tre giorni nel ventre di un “grande pesce”, per questo si è visto in lui la prefigurazione della resurrezione di Gesù (Matteo 12,40). Il profeta, dopo molte preghiere, viene liberato dal ventre del mostro marino e porta a compimento la sua missione andando a predicare ai niniviti i quali, contro ogni aspettativa, si pentono e Dio decide di risparmiare la città. Giona voleva che Ninive fosse punita e, non contento, chiede a Dio di farlo morire. Ma il Signore, invece di portargli la morte, gli fa spuntare un ricino sopra la sua testa per fargli ombra e alleviarlo dal suo male. All’alba del giorno dopo un verme rode il ricino che muore e, per il caldo insopportabile, Giona invoca di nuovo la morte. Iddio allora gli spiega se egli si rattrista a morte per una pianta di ricino, a maggior ragione il Signore si era rattristato per la possibile morte di innocenti nella città di Ninive se avesse deciso di distruggerla.
Nell’arte Giona, il profeta ribelle, è rappresentato principalmente in tre modi: mentre viene gettato nelle fauci del pesce; mentre viene da questo rigettato e mentre riposa sulla spiaggia, sotto un pergolato di cucurbitacee o sotto un albero. Queste rappresentazioni compaiono sin dagli inizi dell’arte cristiana, specie tra il III e il IV secolo, nell’ambito di pitture catacombali, sarcofagi, mosaici, graffiti.
A tal proposito, vi è un’opera d’arte del III secolo, il sarcofago di Santa Maria Antiqua, in cui la storia di Giona si incrocia con quella di Endimione; chi era costui? Pausania e Apollodoro ci narrano che il mitico giovane, essendo stato colpito dalla benedizione ambigua dell’eterna giovinezza e del sonno perpetuo, era visitato di notte da Selene, la dea della Luna, che faceva l’amore con lui e gli partorì cinquanta figlie.
Tornando al sarcofago, conservato presso la chiesa di Santa Maria Antiqua a Roma e datato circa 260-280 d.C., sono raffigurate su di esso in un continuum una serie di scene simboliche legate a nuovo culto cristiano: (da sinistra) Giona sdraiato sotto una pianta, un filosofo che legge un rotolo (al centro), il Buon Pastore ed una scena di battesimo (a destra). Il personaggio di Giona è stato identificato anche con Endimione; mentre però il sonno di Endimione era un riposo beato, quello di Giona era stato un sonno poco felice, come abbiamo potuto apprendere. La sovrapposizione dei due protagonisti del mondo cristiano e pagano può essere così spiegata.
Nel mondo romano l’uso di seppellire i defunti con il rito dell’inumazione comportò l’utilizzo di sarcofagi, spesso riccamente scolpiti. Tra la fine del II e i primi decenni del III secolo d.C. lo sviluppo delle comunità cristiane e di una specifica iconografia portò alla nascita di una tipologia di sarcofagi decorati con temi cristiani. I primi di essi nascono tuttavia nelle stesse officine che producono manufatti di carattere profano. Lo stesso sarcofago di S.Maria Antiqua fu prodotto infatti da officine romane, (da collocarsi nell’ambito dell’officina che produsse anche il Sarcofago Ludovisi, oggi a Palazzo Altemps, Roma). Dal repertorio figurativo tradizionale pagano ereditano schemi figurativi, in alcuni casi risalenti addirittura all’età ellenistica, che vengono poi modificati, di volta in volta, con l’inserimento di scene e figure tratte dal Vecchio e dal Nuovo Testamento, sulla base delle richieste dei committenti cristiani. È difficile identificare il momento in cui alcune forme presenti nell’arte funeraria diventano manifestazioni di fede cristiana, poiché il repertorio dei temi figurativi rimane lo stesso. In alcuni casi si ricorre senza modifica alcuna ai temi del repertorio tradizionale: per simboleggiare i nuovi concetti si ricorre a raffigurazioni che hanno un significato simile anche nell’arte pagana, ad esempio le decorazioni bucoliche come simbolo di pace. Altre volte i modelli iconografici esistenti sono invece modificati e ricombinati per presentare una narrazione diversa, legata ora ai temi biblici.
Nel caso del sarcofago di Santa Maria Antiqua, abbiamo proprio un re-impiego delle immagini pagane ad uso della nuova fede cristiana: la storia di Giona (inghiottito da un pesce e poi liberato dopo tre giorni), che allude alla morte e resurrezione del Cristo, utilizza il tema funerario pagano della barca con amorini, qui sostituiti da marinai o, per raffigurare il pesce da cui Giona viene inghiottito, i fantastici animali marini del corteggio di Nettuno, tema anch’esso presente nell’iconografia funeraria pagana: in questo modo si spiega, ad esempio, la presenza di una figura di Nettuno a lato della barca. Ancora, in un’altra scena, Giona che riposa sotto la pergola riprende il tema del riposo di Dioniso o del pastore Endimione addormentato: è solo la presenza della “cucurbita” del racconto biblico che permette di identificare il personaggio come Giona. Risaliamo all’adattamento dal personaggio pagano in cui ritroviamo l’analogo tema del riposo, Endimione, per il fatto che il corpo del profeta è rappresentato nudo, caso insolito per quanto riguarda le rappresentazioni cristiane; anche se ci sono delle eccezioni, proprio come nel caso del profeta Giona, spesso rappresentato nudo nell’arte paleocristiana, poiché si può interpretare come già partecipante della gloria di Cristo risorto, e il suo sonno viene trasformato divenendo metafora della beatitudine della vita eterna.
Francesca Corsi